2 Febbraio 2023
 
 
.::Siccità::.
 
 

Titolo originale: id
Regia: Paolo Virzì, Elisabetta Boni
Interpreti: Silvio Orlando (Antonio), Valerio Mastandrea (Loris), Elena Lietti (Mila), Tommaso Ragno (Alfredo), Claudia Pandolfi (Sara)
Genere: Drammatico
Origine
: Italia
Anno
: 2021
Soggetto
: Paolo Giordano, Paolo Virzì
Sceneggiatura
: Francesca Archibugi, Paolo Giordano, Francesco Piccolo, Paolo Virzì
Fotografia
: Luca Bigazzi
Musica
: Franco Piersanti
Montaggio
: Jacopo Quadri
Durata
: 124'
Produzione
: Mario Gianani, Lorenzo Gangarossa per Wildside, Vision Distribution in collaborazione con Sky, Prime Vide
Distribuzione
: Vsion Distribution (2022)

 

Paolo Virzì sarebbe uno dei pochi registi italiani capaci di fare film corali, da "Ferie d'agosto" a "Il capitale umano". Forse al regista livornese si è temporaneamente seccata la vena, un po' come accade al Tevere in "Siccità", il suo lungometraggio presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia. Un film ambientato in una Roma dove non piove da tre anni, c'è l'emergenza idrica, l'acqua è razionatissima o arriva con le autobotti, il fiume è asciutto tanto che nell'alveo spuntano resti antichi. In questo scenario si muovono diversi personaggi in qualche modo legati tra loro. Antonio (Silvio Orlando) è in carcere a Rebibbia da molti anni per omicidio, non pensa più a uscire quando per un caso si ritrova libero a vagare per la città. Loris (Valerio Mastandrea) era un conducente di auto blu che ha perso il lavoro per i tagli e si ritrova a fare l'autista in balia dei propri fantasmi. Alfredo è un attore che cerca nei social il modo per uscire da un'impasse, mentre sua moglie Mila lavora in un supermercato per mantenere la famiglia e trascorre il tempo libero in una chat erotica con un avvocato. La dottoressa Sara scopre la comparsa di una pericolosa epidemia del sonno, mentre la giovane infermiera Giulia è incinta e aspetta il ritorno del padre. L'esperto di gestione delle acque padovano (Diego Ribon) è convocato a Roma per intervenire in una trasmissione televisiva ed è subito sedotto dalla città e non solo dalla città. Così c'è il tema, anche sorrentiniano, ma qui trattato senza compiacimento, della decadenza della capitale e pure della Città eterna che divora tutto. La vanità ha preso il sopravvento nella vita di quasi tutti, che sia attraverso la seduzione, l'esasperata cura del corpo o l'egocentrismo di mostrarsi e stare al centro dell'attenzione. E soprattutto la vanità degli esperti, che passano subito dall'essere competenti al mettersi in mostra e fa pensare a molti volti divenuti familiari durante la pandemia. Virzì e i suoi cosceneggiatori (Paolo Giordano, Francesca Archibugi e Francesco Piccolo) si ispirano in parte all'esperienza collettiva degli ultimi due anni e alla crisi climatica, cercano con insistenza la metafora e i simboli (blatte comprese), ma tra il neorealismo e la fantascienza apocalittica qualcosa non torna. "Siccità" sta tra "America oggi" di Robert Altman e "La polveriera" di Goran Paskaljevic, che intrecciava destini a Belgrado in tempo di guerra, ma mette tanti temi sociali (compresi i problemi della società) accanto a quelli personali e amorosi che prendono facilmente il sopravvento. C'è il populismo sempre più diffuso con i danni che ha già provocato, mentre le proteste degli agricoltori cui viene sottratta la poca acqua restano solo accennate. È come se, anche negli scenari di fantasia, non si potesse mai uscire dalle storie e la visioni individuali e e provare a guardare in termini generali, aspettando che catarsi arrivi da sola. Il senso del film si racchiude soprattutto nella parabola di Antonio, che riceve inaspettatamente una nuova opportunità per andare a fare i conti con il suo passato violento, ma anche qui, il pur bell'incontro evangelico con i Maria e Giuseppe di oggi, tutto è delegato alla sfera del miracolo come unica soluzione. Forse in questa mancanza di sbocchi e di futuro dell'Italia sta il buono del film di Virzì.
L'Eco di Bergamo - Nicola Falcinella - 22/09/2022

Fuori Concorso a Venezia 79, il film segue molteplici linee narrative, seguendo l'andirivieni di altrettanti personaggi che cercano - chi meglio, chi peggio - di barcamenarsi in questi giorni di arida follia.
C'è ad esempio Loris (Valerio Mastandrea), un tempo autista di un importante politico (Andrea Renzi), ora costretto a combattere contro la sonnolenza mentre cerca di raccattare il maggior numero di clienti (anche un coreano dal nome cinematograficamente altisonante, Bong Joon-ho...) a bordo di una vettura sporca e maleodorante; uscito da Rebibbia per puro caso, poi, Michele (Silvio Orlando) si ritrova catapultato in un mondo completamente cambiato rispetto a 25 anni prima: il suo unico scopo è quello di ritrovare quella che un tempo era solamente una bambina; Giulia (Sara Serraiocco) e Valerio (Gabriel Montesi) aspettano il primo figlio, lei infermiera, lui poco di buono che però inizia a lavorare come uomo della security in un lussuoso resort termale, luogo ovviamente preso di mira da un manipolo di manifestanti: qui inizia a seguire personalmente la figlia del ricco proprietario (Emanuela Fanelli), donna onesta e intelligente ma timida e insicura a causa delle continue infedeltà del marito.
Nell'ospedale di Giulia lavora anche la dottoressa interpretata da Claudia Pandolfi, un matrimonio fallito alle spalle e un'attuale relazione (con Vinicio Marchioni) prossima al fallimento, con la figlia adolescente impegnata in un'orchestra che, in quelle ore, si prepara per un concerto a scopo benefico.
In tutto questo, un attore (Tommaso Ragno) ha trovato la sua nuova ragione d'essere trascorrendo le giornate a postare stories sui social, mentre la moglie trascurata (Elena Lietti), una volta titolare di una libreria ora cassiera di un supermercato, flirta via smartphone con un vecchio compagno del liceo.
Ogni racconto procede autonomamente per poi confluire in un intreccio più grande che lo spettatore avrà modo di scoprire: la vena apocalittica dell'insieme viene naturalmente smussata dall'abituale via di fuga che regalano (e sono molti) irresistibili guizzi che i vari componenti del cast sanno regalare con indiscutibile bravura, al netto di qualche linea narrativa che forse si poteva risolvere un po' più agilmente.
"Siccità" - che per alcuni aspetti viaggia in parallelo con il recente "Don't Look Up" di Adam McKay - si specchia sul nostro sconforto in attesa di un insperato acquazzone che possa, magari solamente per poco, ricalibrare il peso di esistenze ormai destinate alla letargia profonda. La speranza è nella riconnessione.
Rivista del Cinematografo - Valerio Sammarco - 08/09/2022