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Titolo originale: id
Regia: Paolo Virzì, Elisabetta Boni
Interpreti: Silvio Orlando (Antonio), Valerio Mastandrea
(Loris), Elena Lietti (Mila), Tommaso Ragno (Alfredo), Claudia Pandolfi
(Sara)
Genere: Drammatico
Origine: Italia
Anno: 2021
Soggetto: Paolo Giordano, Paolo Virzì
Sceneggiatura: Francesca Archibugi, Paolo Giordano, Francesco
Piccolo, Paolo Virzì
Fotografia: Luca Bigazzi
Musica: Franco Piersanti
Montaggio: Jacopo Quadri
Durata: 124'
Produzione: Mario Gianani, Lorenzo Gangarossa per Wildside,
Vision Distribution in collaborazione con Sky, Prime Vide
Distribuzione: Vsion Distribution (2022) |
Paolo Virzì sarebbe uno dei pochi registi
italiani capaci di fare film corali, da "Ferie d'agosto" a "Il capitale
umano". Forse al regista livornese si è temporaneamente seccata la vena,
un po' come accade al Tevere in "Siccità", il suo lungometraggio
presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia. Un film ambientato in
una Roma dove non piove da tre anni, c'è l'emergenza idrica, l'acqua è
razionatissima o arriva con le autobotti, il fiume è asciutto tanto che
nell'alveo spuntano resti antichi. In questo scenario si muovono diversi
personaggi in qualche modo legati tra loro. Antonio (Silvio Orlando) è
in carcere a Rebibbia da molti anni per omicidio, non pensa più a uscire
quando per un caso si ritrova libero a vagare per la città. Loris
(Valerio Mastandrea) era un conducente di auto blu che ha perso il
lavoro per i tagli e si ritrova a fare l'autista in balia dei propri
fantasmi. Alfredo è un attore che cerca nei social il modo per uscire da
un'impasse, mentre sua moglie Mila lavora in un supermercato per
mantenere la famiglia e trascorre il tempo libero in una chat erotica
con un avvocato. La dottoressa Sara scopre la comparsa di una pericolosa
epidemia del sonno, mentre la giovane infermiera Giulia è incinta e
aspetta il ritorno del padre. L'esperto di gestione delle acque padovano
(Diego Ribon) è convocato a Roma per intervenire in una trasmissione
televisiva ed è subito sedotto dalla città e non solo dalla città. Così
c'è il tema, anche sorrentiniano, ma qui trattato senza compiacimento,
della decadenza della capitale e pure della Città eterna che divora
tutto. La vanità ha preso il sopravvento nella vita di quasi tutti, che
sia attraverso la seduzione, l'esasperata cura del corpo o
l'egocentrismo di mostrarsi e stare al centro dell'attenzione. E
soprattutto la vanità degli esperti, che passano subito dall'essere
competenti al mettersi in mostra e fa pensare a molti volti divenuti
familiari durante la pandemia. Virzì e i suoi cosceneggiatori (Paolo
Giordano, Francesca Archibugi e Francesco Piccolo) si ispirano in parte
all'esperienza collettiva degli ultimi due anni e alla crisi climatica,
cercano con insistenza la metafora e i simboli (blatte comprese), ma tra
il neorealismo e la fantascienza apocalittica qualcosa non torna.
"Siccità" sta tra "America oggi" di Robert Altman e "La polveriera" di
Goran Paskaljevic, che intrecciava destini a Belgrado in tempo di
guerra, ma mette tanti temi sociali (compresi i problemi della società)
accanto a quelli personali e amorosi che prendono facilmente il
sopravvento. C'è il populismo sempre più diffuso con i danni che ha già
provocato, mentre le proteste degli agricoltori cui viene sottratta la
poca acqua restano solo accennate. È come se, anche negli scenari di
fantasia, non si potesse mai uscire dalle storie e la visioni
individuali e e provare a guardare in termini generali, aspettando che
catarsi arrivi da sola. Il senso del film si racchiude soprattutto nella
parabola di Antonio, che riceve inaspettatamente una nuova opportunità
per andare a fare i conti con il suo passato violento, ma anche qui, il
pur bell'incontro evangelico con i Maria e Giuseppe di oggi, tutto è
delegato alla sfera del miracolo come unica soluzione. Forse in questa
mancanza di sbocchi e di futuro dell'Italia sta il buono del film di
Virzì.
L'Eco di Bergamo - Nicola Falcinella - 22/09/2022
Fuori Concorso a Venezia 79, il film segue molteplici linee narrative,
seguendo l'andirivieni di altrettanti personaggi che cercano - chi
meglio, chi peggio - di barcamenarsi in questi giorni di arida follia.
C'è ad esempio Loris (Valerio Mastandrea), un tempo autista di un
importante politico (Andrea Renzi), ora costretto a combattere contro la
sonnolenza mentre cerca di raccattare il maggior numero di clienti
(anche un coreano dal nome cinematograficamente altisonante, Bong
Joon-ho...) a bordo di una vettura sporca e maleodorante; uscito da
Rebibbia per puro caso, poi, Michele (Silvio Orlando) si ritrova
catapultato in un mondo completamente cambiato rispetto a 25 anni prima:
il suo unico scopo è quello di ritrovare quella che un tempo era
solamente una bambina; Giulia (Sara Serraiocco) e Valerio (Gabriel
Montesi) aspettano il primo figlio, lei infermiera, lui poco di buono
che però inizia a lavorare come uomo della security in un lussuoso
resort termale, luogo ovviamente preso di mira da un manipolo di
manifestanti: qui inizia a seguire personalmente la figlia del ricco
proprietario (Emanuela Fanelli), donna onesta e intelligente ma timida e
insicura a causa delle continue infedeltà del marito.
Nell'ospedale di Giulia lavora anche la dottoressa interpretata da
Claudia Pandolfi, un matrimonio fallito alle spalle e un'attuale
relazione (con Vinicio Marchioni) prossima al fallimento, con la figlia
adolescente impegnata in un'orchestra che, in quelle ore, si prepara per
un concerto a scopo benefico.
In tutto questo, un attore (Tommaso Ragno) ha trovato la sua nuova
ragione d'essere trascorrendo le giornate a postare stories sui social,
mentre la moglie trascurata (Elena Lietti), una volta titolare di una
libreria ora cassiera di un supermercato, flirta via smartphone con un
vecchio compagno del liceo.
Ogni racconto procede autonomamente per poi confluire in un intreccio
più grande che lo spettatore avrà modo di scoprire: la vena apocalittica
dell'insieme viene naturalmente smussata dall'abituale via di fuga che
regalano (e sono molti) irresistibili guizzi che i vari componenti del
cast sanno regalare con indiscutibile bravura, al netto di qualche linea
narrativa che forse si poteva risolvere un po' più agilmente.
"Siccità" - che per alcuni aspetti viaggia in parallelo con il recente "Don't
Look Up" di Adam McKay - si specchia sul nostro sconforto in attesa di
un insperato acquazzone che possa, magari solamente per poco,
ricalibrare il peso di esistenze ormai destinate alla letargia profonda.
La speranza è nella riconnessione.
Rivista del Cinematografo - Valerio Sammarco - 08/09/2022 |