19 Gennaio 2023
 
 
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Titolo originale: id
Regia: Kenneth Branagh
Interpreti: Caitriona Balfe (Ma), Judi Dench (Granny), Jamie Dornan (Pa), Ciarán Hinds (Pop), Colin Morgan (Billy Clanton)
Genere: Drammatico
Origine
: Gran Bretagna
Anno
: 2021
Soggetto
: Kenneth Branagh
Sceneggiatura
: Kenneth Branagh
Fotografia
: Haris Zambarloukos
Musica
: Van Morrison
Montaggio
: Úna Ní Dhonghaíle
Durata
: 97'
Produzione
: Laura Berwick, Kenneth Branagh, Becca Kovacik, Tamar Thomas per TKBC, in associazione con Northern Ireland Screen
Distribuzione
: Universal Pictures International Italy (2022)

 

Con "Belfast" Kenneth Branagh rende un omaggio struggente, ma non nostalgico, alla propria città e, mescolando autobiografia e finzione, traccia un ritratto, questo sì venato da un filo di nostalgia, di quel momento particolare in cui si cambia, in cui si diventa grandi. Basta poco, in questo caso l'estate del 1969 a Belfast, appunto, dove vive Buddy, nove anni (la stessa età che aveva allora il regista): un'estate che si apre che sei ancora un bambino che gioca per le strade con una spada di legno e il coperchio di un bidone della spazzatura come scudo, e si chiude che quel bambino non lo sei più. Capita a tutti, naturalmente, ma per Buddy l'educazione alla vita passerà anche per altri eventi. Che sono quelli dei cosiddetti 'troubles', i tumulti che proprio in quegli anni cominciavano ad infiammare le strade di Belfast (e di altre città), come quella in cui vive Buddy con il fratello maggiore e la mamma mentre il padre lavora come carpentiere a Londra e rientra solo ogni due settimane.
"Belfast" non è un film storico, sarebbe stato un altro film, non sarebbe stato il 'suo' film, suo di Branagh che si mette in scena per interposta persona in Buddy con gli occhi del quale è praticamente raccontata tutta la vicenda. È raccontata ad altezza di bambino, un bambino che non capisce ancora perché, da un momento all'altro, persone che vivevano tranquillamente accudendo una famiglia, i figli dell'altra, giocando insieme per le strade si guardino ora con odio. Gli occhi di un bambino che sogna attraverso la lettura dei fumetti di 'Thor', la televisione, lo sbarco dell'uomo sulla Luna e, naturalmente, il cinema. Girato in uno splendido bianco e nero, il film si concede degli inserti a colori proprio quando appaiono le immagini dei film che Buddy va a vedere con la famiglia; "Chitty Chitty Bang Bang" con la 'magia' dell'auto che vola o "Un milione di anni fa" con Raquel Welch in bikini. Ma il cinema è anche il veicolo di una sovrapposizione tra vita e il film come quando il Gary Cooper di "Mezzogiorno di fuoco" viene lasciato solo per le strade assolate del paese in attesa del duello, immagine che sfuma in quella del padre di Buddy che sfida il capo dei rivoltosi ai quali non si vuole unire. Tanti piccoli tocchi che non ne faranno magari un capolavoro ma un bellissimo esempio su come maneggiare la nostalgia.
L'Eco di Bergamo - Andrea Frambrosi - 01/03/2022

Immagini della città: dall'alto, da lontano, panoramiche. Illustrative più che turistiche. Poi il bianco e nero dei ricordi: la città è tutta chiusa in una strada ed è un idillio patinato, quasi un teatro, dove la gente saluta sempre, i vicini tengono d'occhio il figlio della famiglia accanto e i bambini giocano per strada.Se per Kenneth Branagh questa Belfast si configura già come un rimpianto nostalgico, per Buddy, il suo avatar infantile (Jude Hill, splendido), è semplicemente tutto il suo mondo, l'unico che conosce e che immagina per il futuro, ed è un mondo senza traumi: pulito, nitido, una costruzione idealizzata dagli occhi di un bambino. Ma, ecco la rottura, non basta una spada di legno e il coperchio di un cestino come scudo per fronteggiare le molotov.
È il 15 agosto 1969 e un gruppo di estremisti protestanti mette a ferro e fuoco le vie abitate dai cattolici, compresa quella della famiglia di Buddy (protestante), costringendo il governo britannico a inviare un folto contingente di truppe per ristabilire l'ordine e proteggere i cattolici. Le vicende di "Belfast" si sviluppano nei mesi che seguono questo evento drammatico, ma in una qualche misura lasciano che il sangue della storia scorra sottotraccia.
"Belfast" non è un film storico, forse non è nemmeno un vero period drama. È vero, probabilmente Branagh è un po' superficiale nel trattare il discorso della guerra civile che ha devastato l'Irlanda del Nord, i cui contraccolpi continuano tuttora. Ma la scelta - scaltra finché si vuole, ma è una scelta - è di mettersi ad altezza di bambino, adattarsi ai suoi strumenti di comprensione e misurando l'impatto del conflitto etnico-nazionalista sullo sguardo infantile, anche a rischio di semplificare la complessità della faida a una serie di violenti tafferugli organizzati da abietti figuri. Più che un racconto di formazione, è un film che riformula in chiave spudoratamente romanzesca un passaggio fondamentale della vita di Branagh/Buddy mettendo in campo le scorribande, l'ambizione scolastica, il primo amore sullo sfondo di una comunità spezzata. Con un filtro mitizzante che illumina i genitori, bellissimi e radiosi perché adorati senza riserve, sia quando litigano per troppe tasse arretrate che significano altri sacrifici futuri sia quando danzano come Ginger e Fred sulle note di 'Everlasting Love' (sono Jamie Dornan e Caitríona Balfe, ottimi).
"Belfast" sembra edificarsi proprio sulla celebrazione dell'amore come ideologia, una politica degli affetti che trova compimento nello splendido ritratto dei nonni, i magnifici Ciarán Hinds e Judi Dench, veri e propri architravi di un'educazione sentimentale fondata su pochi concetti e tanti gesti, semplici e profondissimi (trovare il proprio posto nel mondo, capire con chi vogliamo condividerlo, sapere chi vogliamo essere). Ma c'è anche un ripensamento in cui il cinema - fruito in televisione come in sala - funziona da sistema di assonanze con il vissuto della famiglia. Così il padre eroico può trasfigurarsi ora in John Wayne che sfida Lee Marvin in "L'uomo che uccise Liberty Valance" ora in Gary Cooper lasciato solo in strada come in "Mezzogiorno di fuoco" con 'Do Not Forsake Me, Oh My Darlin' che riecheggia nello scontro. E la nonna può seguire traiettorie nascoste che la portano a ricordare l'emozione provata di fronte a "Orizzonte perduto".
"Belfast" è anche una ricognizione sull'essere irlandesi che, come dice un personaggio, sono nati per emigrare, un popolo destinato a dividersi: metà in giro per il mondo, metà a soffrire in patria provando nostalgia per chi è partito.
Rivista del Cinematografo - Lorenzo Ciofani - 21/10/2021