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Titolo originale: Winter’s
Bone.
Regia: Debra Granik.
Soggetto: tratto dal romanzo ‘Un gelido inverno’ di Daniel
Woodrell (Fanucci Editore).
Sceneggiatura: Debra Granik, Anne Rosellini.
Fotografia: Michael McDonough.
Montaggio: Affonso Goncalves.
Musica: Dickon Hinchliffe.
Scenografia: Mark White
Costumi: Rebecca Hofherr.
Interpreti: Jennifer Lawrence (Ree), John Hawkes
(Teardrop), Kevin Breznahan (Arthur), Dale Dickey (Merab), Garret
Dillahunt (Sceriffo Baskin), Sheryl Lee (April), Lauren Sweetser (Gail),
Tate Taylor (Satterfield).
Produzione: Anne Rosellini e Alix Madigan Yorkin per
Winter’s Bone Productions/Anonymous Content.
Distribuzione: Bolero Film.
Durata: 100’.
Origine: Stati Uniti d’America, 2010. |
Candidato all’Oscar come miglior film,
vincitore del Gran Premio della Giuria al Sundance Festival e del Torino
Film Festival, Un gelido inverno è un film coraggioso e un po’ scomodo.
Ambientato in un’America di provincia cupa e selvatica, racconta la
storia di Ree, una ragazzina di diciassette anni costretta a crescere in
fretta, con la madre inferma e due fratellini sulle spalle, un padre
spacciatore e pregiudicato che è sparito nel nulla dopo aver lasciato in
pegno per la cauzione la casa in cui vive a stento la sua famiglia.
Adesso la figlia ha pochi giorni per ritrovarlo e convincerlo a
presentarsi al processo, per evitare di finire tutti a morire su una
strada: ma appena comincia a far domande in giro, subito s’imbatte in
un’ostilità cruda e violenta, in una legge montanara del sangue e del
crimine che rischia di farle fare una brutta fine.
Ottima prova della giovane e semi-sconosciuta Jennifer Lawrence
(candidata all’Oscar anche come miglior attrice protagonista) che in
questo film regala il suo viso radioso e lo sguardo feroce alla ragazza
che ha saltato l’adolescenza e adesso è una piccola donna dura, nervosa,
decisa. Tutti gli uomini che la affrontano, compreso lo zio inquieto,
sembrano volerle mettere le mani addosso, ma questa sensazione svanisce
subito contro la personalità che Ree pianta di fronte a tutti. E’ come
se operasse un sortilegio di eliminazione della bellezza, grazie alla
capacità di spostare lo sguardo del nemico su un altro piano, più
paritario e minaccioso. E’ lei a tenere le file della storia e di tutto
il film della regista Debra Granik, al suo secondo lungometraggio.
Protagonista di questo film è anche l’America, precisamente il Missouri,
dove questa storia è ambientata, un luogo inospitale e gelido in cui
regna l’indifferenza
delle persone. La Granik disegna questi posti attraverso percorsi
tortuosi, mettendo la ragazza sempre al centro di un paesaggio abitato
da malviventi e persecutori, suonatori di country e omertosi, personaggi
rassegnati e rapiti dalla noia. A poco a poco emergono le mille facce di
un territorio ostile, grigio, senza pace, rancoroso.
In questo film il viaggio non è “poesia”, come spesso siamo abituati a
vederlo rappresentato sul grande schermo. Qui il viaggio di Ree nasce
dal bisogno; bisogno di scoprire che fine ha fatto suo padre, per non
perdere tutto ciò che le rimane e poter continuare a lottare per la
sopravvivenza della sua famiglia.
Attraverso una storia di oggi, il film mostra, senza neanche troppo
cinismo, il volto di un’America che non ci si aspetta e che ricorda il
vecchio west, dove vige(va) la legge del più forte e non si vive(va)
senza un fucile pronto a sparare. È l’America lontana dalla modernità e
dalla cultura del presente, dove il tempo sembra essersi fermato e non
offre vie di fuga.
Debra Granik dirige un film memorabile, ispirato e disperato, gelido
come l’inverno del titolo, una favola nera colma di pathos e di
tensione, che coinvolge lo spettatore e lo rende partecipe del doloroso
coraggio di Ree e del suo viaggio compiuto per amore.
Un piccolo film che è anche un affresco sociale, curato nei minimi
dettagli, dai dialoghi scarni ed essenziali e da una colonna sonora
ridotta ai minimi termini, con un titolo italiano che addolcisce quello
originale: Winter’s Bone, “Ossa d’inverno”. Le fragili ossa spezzate dal
gelo d’inverno, prima che qualcuno le spezzi davvero. |